DI EUGENIO ORSO
pauperclass.myblog
Ed ecco che il gioco di Monti e del suo esecutivo, al servizio della
classe dominante globale, diventa chiarissimo anche sul piano della
fiscalità.
In qualità di ministro dell’economia, oltre che di capo di un governo
imposto all’Italia dai potentati finanziari, nell’Atto di indirizzo
sulla politica fiscale per il triennio 2012-2014, Mario Monti manifesta
pubblicamente l’intenzione di spostare gradualmente il peso dalle
imposte dirette, sul reddito (IRPEF, IRES, IRAP) ed anche sul patrimonio
(ICI), a quelle indirette che colpiscono i consumi (IVA, accise ed
altre). [ www.ansa.it]
Perché lo vuole fare e quali sono i veri scopi di questa manovra?
Cerchiamo di capirlo, attraverso una breve ma non inutile analisi.
Sappiamo bene che le imposte indirette, ed in particolare quelle che
colpiscono i consumi di massa, sono "regressive", cioè punitive per i
bassi livelli di reddito e "premianti" per i redditi più alti, in
particolare se la loro manovra in aumento sostituisce progressivamente
quella sulle aliquote delle imposte dirette sui redditi personali e
delle società.
L'imposizione cosiddetta regressiva è quella che meglio realizza l'iniquità sociale, e ciò può avvenire seguendo due strade:
1) Stabilendo per le imposte dirette, che colpiscono i redditi
personali, aliquote decrescenti per scaglioni di reddito crescenti. Ma
in tal caso il gioco sarebbe scoperto, e l'iniquità sociale quanto mai
palese. La giustificazione di un simile obbrobrio fiscale potrebbe
essere: "Premiare chi produce un maggior reddito, e stimolare chi ha
redditi bassi a produrre redditi più alti", giustificazione che è falsa,
oltre che ipocrita. Questa soluzione, nonostante Monti non abbia
necessità di consenso popolare e i suoi padroni hanno preventivamente
comprato interi gruppi parlamentari e numerosi capi sindacali, è però
irrealistica, non applicabile, perché è troppo “scoperta”, e potrebbe
suscitare forti reazioni nel paese. Una via più nascosta per colpire i
subalterni e incrementare il tasso di iniquità sociale potrebbe essere
quella di ridurre il numero di scaglioni e aliquote, relativi alle
imposte sui redditi. Ad esempio, per quanto riguarda l’IRPEF vigente in
Italia, dagli attuali cinque a soli tre, o peggio, da cinque a due, che è
quello che da sempre avrebbe voluto fare l’estromesso Silvio
Berlusconi.
2) Agendo sull'imposizione indiretta che grava sui consumi ed
aumentando indiscriminatamente le aliquote, che per quanto riguarda
l'IVA sono tre: 4%, 10% e 21%. E' chiaro che l'incidenza dell'aumento, e
quindi del peso fiscale sopportato, cresce con il ridursi del reddito
disponibile, ed è proprio in ciò che risiede la regressività
dell'imposta. Storicamente, durante il seicento francese e il regno di
Luigi XIV, il sovrintendente alle finanze del re, il celebre
mercantilista Jean-Baptiste Colbert, cercò di colpire l'aristocrazia e
recuperare risorse per lo stato ristrutturando il rudimentale sistema
d’imposizione fiscale di allora, e cercando di aumentare l'imposizione
indiretta sui consumi. In quel mondo protocapitalistico, tardo
aristocratico e proto borghese, si verificava una situazione opposta
rispetto a quella attuale: i consumi erano privilegio della classe
dominante, spesso si trattava di consumi di prestigio (arazzi di
Gobelines, sete di Lione, lussuosi candelabri d’argento ed ammennicoli
vari), e non erano perciò accessibili alla massa, al vecchio popolo di
estrazione medioevale. Quella che ai tempi di Colbert era una politica
fiscale tutto sommato "progressiva", che colpiva i ricchi difesi dai
privilegi (l'aristocrazia, imbellettata e parassitaria, trasferitasi
simbolicamente nella nuova reggia di Versailles, fra i piaceri
dell’isola incantata), oggi diventa "regressiva", al punto che penalizza
i bassi livelli di reddito nel segno più manifesto dell'iniquità
sociale. Una strada, se combinata con una leggera discesa delle aliquote
delle imposte dirette (sui redditi personali e d'impresa) per tutti gli
scaglioni di reddito, che consente di mantenere o aumentare la
pressione fiscale, in modo subdolo e (appunto) indiretto, sulle classi
subalterne e sui bassi scaglioni, "defiscalizzando", di fatto, i più
ricchi.
E' questa la strada che seguirà il governo fantoccio di Monti, il quale
intende spostare progressivamente il peso fiscale dall'imposizione
diretta a quella indiretta, in primo luogo gravante sui consumi di
massa. Del resto, Monti ha già mostrato la direzione di marcia che
intende seguire il suo esecutivo mantenendo l’aumento di un punto
percentuale della massima aliquota IVA, entrato in vigore il 17
settembre 2011, ed elevando le accise sui prodotti energetici (in breve,
sui carburanti) con il decreto detto ironicamente Salva-Italia, accise
che guarda caso sono imposte indirette quanto l’IVA e sulle quali incide
la stessa Imposta sul Valore Aggiunto.
Ecco cosa nasconde il famigerato «Atto di indirizzo per il conseguimento
degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2012-2014» pubblicato
alla fine di febbraio sul sito del ministero dell'Economia e delle
Finanze.
Un’ultima considerazione: se l’aumento dell’imposizione fiscale sui
consumi avrà, com’è ragionevole aspettarsi, un effetto depressivo sugli
stessi, e quindi un riflesso negativo su produzione e occupazione, in
che modo ciò potrà conciliarsi con il progetto Cresci-Italia (la
Crescita neocapitalistica “salvifica”) tanto sbandierato
propagandisticamente da Monti e dalle grancasse mediatico-politiche che
lo sostengono?
Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/03/01/monti-le-imposte-e-l-iniquita-sociale-di-eugenio-orso.html
1.03.2012
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